GUNDAM newsletter: POP CULTURE: Gundam Café

mercoledì 19 novembre 2014

Il Gundam Café di Akihabara in versione notturna.

GUNDAM WORLD

Padre del genere "robottoni" è unanimamente considerato Go Nagai che, col suo Mazinga Z, nel 1972 diede il via a un proliferare di serie televisive dedicate a questi colossi di metallo, il più delle volte impegnati a lottare contro invasori alieni. Tra un'innovazione tecnica e l'altra, come robot trasformabili o componibili, il genere ha tuttavia proceduto sostanzialmente immutato nelle sue carattersitiche narrative fino al 1979, quando la Sunrise lanciò Kido senshi Gundam ("Mobil Suit Gundam") una serie in 43 episodi che per sceneggiatura e regia portava la firma di Yoshiyuki Tomino, già celebre per aver dato uno scossone al genere con le serie Zambot 3 (1977) e Daitarn III (1978).

In Gundam, il concetto di robot gigante viene completamente ribaltato: non più macchina imbattibile, ma comune mezzo meccanico prodotto in serie, estremamente realistico, distruttibile e sostituibile, affidato a piloti addestrati entro ranghi militari. Differente anche la visione del pilota e delle parti in conflitto, non più una divisione manicheistica bene/male, ma uno scontro più sfumato. Niente invasori alieni cattivi quindi, ma una più banale e tuttavia più realistica e cruda guerra civile.

Lo stesso pilota del robot – non più unico protagonista, anche se figura fondamentale all'interno della serie – è un comune ragazzo, Amuro Rei, che si trova costretto a salire sul Mobile Suit sperimentale RX 78 per salvarsi da un attacco del nemico. Da quel momento comincia la sua odissea nella guerra: forzatamente arruolato assieme ad altri giovani sulla modernissima White Base, diventa il pilota ufficiale di Gundam, mentre attorno a lui il conflitto infuria.

Tomino punta in particolar modo su due aspetti: i robot come mezzi meccanici e il dramma dei personaggi. Nel primo caso porta sullo schermo televisivo imponenti schieramenti di truppe fatte di robot, caccia e astronavi di ogni genere che funzionano secondo una logica militare. Nel secondo caso è molto attento alla caratterizzazione di ogni singolo personaggio. In questo è aiutato dall'abilissimo Yasuhiko Yoshikazu , character designer da tempo abituato a collaborare con Tomino, che pur mantenendo alcuni stereotipi grafici (come gli occhioni) ha eliminato i fastidiosi personaggi "macchietta" (con l'unica eccezione del robottino Haro) e ha dato vita a un numerosissimo cast di personaggi, tutti credibili.

I mezzi meccanici sono invece opera di Kunio Okawara, che senza rinunciare alla "spigolosità" dei robot giganti li ha resi molto più realistici. Tra l'altro la grande abbondanza di mezzi meccanici presenti in Gundam ha portato ai massimi livelli di importanza la professione di mecha designer, via di mezzo tra un creativo e un ingeniere dei cartoni, che ha dovuto progettare colonie spaziali, robot, astronavi, mezzi di trasporto, armi e oggetti quotidiani dando coerenza tecnologica a un intero mondo.

Infine almeno una citazione per i responsabili della colonna sonora, Takeo Watanabe (già celebre per il lavoro svolto su altre serie) e Yushi Matsuyama, che anche in questo caso hanno puntato sull'innovazione, sostituendo le trionfali musiche delle serie precedenti con pezzi di maggiore pathos.

A costo di ripeterci, sottolineiamo ancora una volta il valore rivoluzionario di questa serie, che ha cambiato il modo di vedere e i robot giganti e ha dato vita a moltissimi sequel più o meno riusciti. Ma come si dice nei fumetti, questa è un'altra storia…

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